Era un'impresa ardua quella di tradurre sullo schermo la meravigliosa ragnatela spazio-temporale di uno dei romanzi mitici del Giappone moderno, il Norwegian Mood di Haruki Murakami. Con la sua disinvolta sensualità in equilibrio instabile tra l'appagamento della vita e già l'ombra incombente della sua fine, fin dai primi interrogativi posti dall'autore, dai tempi di un'adolescenza che s'interroga.

Autore raffinato ma anche un po' dispersivo nella sua patina superficiale, Tran Anh Hung riesce miracolosamente a tradurre la trascendenza della parola grazie ad un approccio estetico spesso emozionante. I tempi dilatati (forse un attimo in eccesso) del film presentato in concorso all'ultima Mostra di Venezia, l'armonia dei suoi movimenti di macchina traducono a meraviglia una melanconia, un lirismo e un'eleganza mai a scapito della sensualità cara all'autore.

Gli attori sono perfetti, le musiche una lezione di introspezione, nei sentimenti di un film che esplora uno spazio sorprendente. Quello di chi non ha ancora vent'anni, ma gia immagina scadenze lontane.